Perchè ho cambiato idea sull’acquisto di link


Ho parlato qualche giorno fa del perchè ho cambiato idea sulle keyword not provided e prima che il 2012 finisca vorrei parlare di un altro ripensamento, altrettanto radicale se non addirittura più deciso: quello riguardante l’acquisto di link a pagamento come pratica per il link building.

COSA PENSAVO NEL 2011

Nel 2011 lavoravo in agenzia ed i link a pagamento acquistati per conto dei clienti erano pane quotidiano: dai link acquistati con trattativa diretta, fino a quelli acquisiti tramite link broker come Teliad o Linklift (per citare due dei più noti). Il link building era una voce esplicita messa a preventivo ed il budget era in larga parte destinato proprio all’acquisto di link per spingere la visibilità del sito del cliente per determinate parole chiave.

Pratica certamente scorretta per le linee guida di Google, ma funzionava. E siccome funzionava, piaceva al capo. E siccome piaceva al capo, non mi ponevo nemmeno il problema: si faceva e basta.

Ero conscio del fatto che Google prima o poi avrebbe potuto applicare delle penalizzazioni all’editore che pubblicava il link, di fatto azzerando l’effetto dell’investimento di link building, ma era una scommessa che percepivo come vincente, in virtù della mia convinzione che Google non fosse in grado di capire realmente quale link fosse effetto di una transazione economica e quale invece fosse frutto di un’azione spontanea dell’editore. “Google legge forse le email?” Pensavo.

Infine, soddisfare il cliente era qualcosa di importante solo in virtù del contratto stipulato. Il commerciale prometteva ed il team SEO deliverava. Se per disgrazia i link acquistati avessero smesso di funzionare, ci si sarebbe pensato poi. L’importante era avere risultati nel breve periodo, per poter dimostrare che il lavoro era stato fatto ed incassare così la parcella.

COSA MI HA FATTO CAMBIARE IDEA

Sicuramente il primo grosso cambiamento è direttamente collegato al termine della mia esperienza di lavoro in agenzia. Lavorare in proprio significa metterci la faccia con il cliente fin dal primo approccio commerciale. E’ una cosa di cui mi sono reso conto immediatamente e per questo motivo fin da subito sono stato molto cauto nel promettere cose che non potevo mantenere e trasparente nelle probabili attese di risultato.

Per questo motivo ho aspettato a proporre strategie di link building aggressive prezzolate, preferendo prima tentare la strada fino a quel momento mai battuta del supporto consulenziale.

Dopo qualche mio timido successo sul piano commerciale ed operativo, ad aprile 2012 è arrivato Penguin a ribaltare il tavolo. Se ancora avevo qualche dubbio sull’acquisto di link a pagamento, sono passati di colpo.

L’alibi del “chettefrega, funzionano” aveva preso d’un colpo una piega inaspettata. Certo, in Italia Penguin ancora non era stato rilasciato, ma quanto tempo sarebbe passato? Gli update di Panda avevano già mietuto vittime illustri e tutto lasciava pensare che anche Penguin avrebbe avuto lo stesso effetto anche qua da noi, nella provincia dell’impero.

Improvvisamente quindi i link a pagamento diventavano non più qualcosa di sostanzialmente innocuo, dal valore nullo nel peggiore dei casi… erano diventati un veleno ad azione lenta.

Ho poi avuto modo di partecipare su Google+ a diverse discussioni con molti professionisti (sopra a tutti vorrei ringraziare Enrico Altavilla e Giacomo Pelagatti) che hanno avuto il merito di farmi capire come funziona Penguin: Google è perfettamente in grado di accorgersi quando un sito acquista link, anche senza analizzare ogni singolo link.

Per usare una rapida metafora senza tirare in ballo robe difficili e potenzialmente fuoriluogo come IA o machine learning, possiamo dire che gli basta annusare un sito per sentire la puzza di link a pagamento. A quel punto è sufficiente inviare una bella notifica per gettare nel panico colpevole il webmaster (o i fornitori del servizio di SEO). Questo dettaglio era errato, me ne rendo conto solo ora, a metà 2021 e dopo più di 8 anni. Non c’è mai stata nessuna notifica per le penalizzazioni algoritmiche… arrivano e basta e lo vedi poi sui ranking a posteriori.

COME LA PENSO ADESSO

I link a pagamento, almeno sul mercato italiano, funzionano ancora, questo è sicuro. Ma basare oggi una strategia di link building su link a pagamento è un suicidio. Significa , ficcare il sito dentro ad una scatola di Schroedinger da aprire ad ogni aggiornamento di Penguin, con il costante dubbio di “mi ha beccato oppure no?”.

Chi commercialmente propone al giorno d’oggi l’acquisto di link a pagamento per migliorare la visibilità di un sito su Google, sta a tutti gli effetti truffando il suo cliente… perché se quest’ultimo fosse realmente conscio delle potenziali conseguenze della cosa non esiterebbe a catalogare il suo fornitore nella lista dei criminali opportunisti che fanno scommesse sulla pelle degli altri (non prendo nemmeno in considerazione l’eventualità che il cliente non sia avvisato della dinamica dell’acquisto stesso: quella era una truffa anche prima di Penguin).

Il fatto è che per ora i link a pagamento funzionano, ma un domani il sito potrebbe ricevere un avviso di penalizzazione e a quel punto chi li paga i danni? L’agenzia malaccorta? E chi si accolla i costi della bonifica?

Se prima facevo spallucce, ora non sono più disposto ad acquistare link a pagamento e nemmeno a suggerire di farlo. Come per le keyword not provided, e forse anche di più nel caso dell’acquisto dei link a pagamento, sono lieto di aver cambiato prospettiva prima della fine di quest’anno.

Spero che anche per i miei lettori il 2012 sia stato un anno di scoperte e di crescita personale e professionale… da parte mia va a tutti un cordiale augurio di buon 2013!

Commenti

    • Se il sito che fa componenti in gomma propone davvero qualcosa di utile ed innovativo alla sua utenza, prenderà anche lui link spontanei, su questo sono disposto a scommetterci il mio cappello bianco.

      Certo, se è “il solito sito di componenti in gomma” difficilmente ne prenderà. Ma nemmeno vedo perchè dovrebbe guadagnarli, rispetto al sito (identico) di un concorrente.

      Il link earning ha a che vedere profondamente con la cultura aziendale. Non capisco molto un’azienda che fa il sito internet “tanto per farlo” e poi vuole “arrivare prima sui motori”. Se non hai intenzione di impegnarti seriamente a rinnovare la tua cultura aziendale per fare effettivamente qualcosa di nuovo ed utile che ti differenzi dalla concorrenza, fatti una campagna Adwords e tanti saluti 😛 (e spera che non ci pensi invece qualche tuo concorrente, perchè se lo fa e grazie a questo ti spazza via dal mercato, poi non venire a lamentarti…)

  1. Interessante, ma non spieghi nulla alla fine, su come opera Google!

    Cosa di pensi di = Pompe Funebri riguardo alla possibilità di ottenere back links spontanei ??

    Supponendo che abbia il miglior sito web di questo mondo… come si fà a ottenere links spontanei….

    E’ chiaro che qualsiasi link sarà a pagamento e questa puzza che sente Google, si vede dal costo dei click su Adwords (oltre 2,00 €uro).

    Alcune SERP vengono riviste a mano, altro che algoritmi di Panda, Pinguini e Zebre prossimamente.

  2. Non era mia intenzione spiegare nel dettaglio come funziona Google, anche perché non sono certo di poter essere accurato nella descrizione.

    E riguardo alle pompe funebri: per me vale lo stesso discorso che per i tondini di ferro. Se il tuo sito non è in grado di differenziarsi sostanzialmente dalla concorrenza, con quale logica dovrebbe ricevere dei link spontanei? 😉

    La chiave è questa: aggiungere valore, non solo “chiacchiere”.

    (A parte che per una ditta di pompe funebri mi vengono in mente un sacco di idee carine per dei linkbaiting spettacolari…)

  3. Ciao Martino, vorrei dire la mia su questa tua affermazione:
    “Se prima facevo spallucce, ora non sono più disposto ad acquistare link a pagamento e nemmeno a suggerire di farlo”.

    Qualche giorno fà, sui miei profili social ho condiviso la seguente frase:

    “Prova a ricevere su un sito di Prestiti o Casinó, abbastanza link naturali, per poter arrivare in prima posizione”.

    Questi sono settori dove sei costretto ad acquistare link, ed anche in abbondanza, altrimenti ti devi accontentare della decima pagina.

    Facciamo caso ti trovassi di fronte, un cliente che si vuole posizionare per la keyword “Casinò” o “Casinò online”.

    Non consiglieresti di acquistare dei link?
    Non consiglieresti di creare un network di siti dai quali inviare dei link?

    • Ciao Andrea… (maledette notifiche dei post che non arrivano, perdonami se ci ho messo un po’ ad accorgermi del tuo commento)

      La faccio semplice: so perfettamente che il settore dei casinò è ipercompetitivo ed acquistare link è la prassi e che ci sono tecniche ben peggiori per accumulare link (da Xrumer in là). Ma anche lì vale lo stesso discorso… finora Google si è dimostrato indulgente. Ma che succede se domani, il mese prossimo, fra tre o sei mesi… si sveglia e sega tutti? Quanto tempo ci vuole per ripulire il profilo di link? Vale veramente la pena avere qualche mese di gloria e poi il buco nero della penalizzazione? I guadagni che arrivano dal sito valgono realmente il tempo che dovrai investire a bonificare?

      Personalmente sono interrogativi che non voglio nemmeno pormi.

      Va detto che adesso come adesso lavorare pulito nel settore dei casinò significa non avere nessuna chance… motivo per cui non mi ci metto nemmeno. Ho ricevuto un paio di richieste dal settore, che ho rifiutato in toto, proprio per questi motivi.

  4. Ciao Martino,
    sono arrivato al tuo post per caso e mi permetto di intromettermi. Faccio una premessa importante e doverosa: ad oggi non mi è mai capitato di acquistare o dover essere costretto ad acquistare servizi che a fronte di un pagamento ti “regalano” dei link belli e potenti. A scanso di equivoci, per anticipare eventuali risposte, è stata una mia scelta non comprarli pur lavorando, risultati alla mano, su key ad alta difficoltà di posizionamento per via dei competitors importanti presenti sulle serp. Concordo con te sul fatto che sul mercato italiano, ad oggi, sembra comunque funzionante questa tecnica e naturalmente del futuro non c’è certezza. Penso in parte anche a quei clienti, ivi compreso i tuoi clienti o ex clienti che potrebbero, per tua stessa ammissione, fare anche delle cause in caso il pinguino cattivo porti il loro sito da zone calde e soleggiate in posti brutti e molto freddi, proprio li dove nessuno andrebbe mai a cercare il tuo sito. Ricevere link naturali non è facile, lo sai benissimo. Non importa il settore o meglio ci sono settori dove la probabilità “che ti linkano” è molto bassa se non hai un sito di valore e per fare un sito di valore non bastano solo dei contenuti belli e interessanti. Non pensare neanche che basta l’acquisto di “n” link da siti dedicati per farti penalizzare altrimenti il tutto sarebbe facile… quasi un gioco da ragazzi: io voglio distruggere un sito di un mio competitors, spendo qualche soldino, compro per lui link a valanga e lo faccio acchiappare dal Pinguino cattivo…. capirai tu stesso che non può funzionare cosi. Per quanto riguarda sempre i link il problema principale non sono “la naturalezza” o meno perchè queste società “posteggiano” dei link con anchor text su altri siti loro o di altri ma il problema è che tali link non sono di qualità dove per qualità intendo non che vengano da siti con PR più o meno alti ma che vengono da siti dove trovi multi argomenti. Avere una pagina che ha 100 (nella migliore delle ipotesi) link dofollow dove ci sono anchor text di pompe funebri, corsi, specialisti seo, barche a vela, ricette, mutui, etc etc è come organizzare un colpo perfetto, presentarsi a BIGG e dirgli: guarda che sto facendo!. Nel tuo articolo unica cosa che correggerei comunque è il concetto espresso con la frase ” l’acquisto di link a pagamento per migliorare la visibilità di un sito su Google”…. i link che vengono comprati non servono a migliorare la “visibilità” per quello sono altre le strategie di marketing da applicare: a mio avviso il concetto di “visibilità” non è corretto in questo specifico contesto.

    • Ciao seocolli grazie delle tue osservazioni! Riguardo al dettaglio che segnali, sì, avrei potuto dirla in modo diverso… ma di fatto di questo stiamo parlando. Acquistare link per migliorare le proprie posizioni e di conseguenza guadagnarne in visibilità (e quindi clic/visite).

      A meno che tu non intenda qualcos’altro che mi sfugge 🙂

  5. La storia dei link a pagamento è annosa e controversa. Google e i cappelli bianchi mi dovrebbero spiegare come fa un sito con argomento X appena nato, a riuscire ad essere visibile quel tanto che basta per far notare alle persone che, ehi, ha contenuti di ottima qualità e che conviene davvero condividere. Cioè è un cane che si morde la coda: per avere link naturali, occorre prima essere visti da qualcuno e quindi visitati, ma per essere visitati occorre stare in prima pagina o al massimo nelle prime 3, ma per essere in quelle posizioni occorre, udite udite, avere link! Non se ne esce.

    A questo va aggiunto un altro fatto: la concorrenza. Mentre io scrivo contenuti di qualità eccelsa, la concorrenza continua a piazzare link a pagamento e ad essere visibile. Morale della favola: creo una bellissima cattedrale nel deserto che nessuno visita. Al contrario la concorrenza non bada minimamente ai contenuti e pensa ai link. La concorrenza viene vista e fa soldi e i siti che puntano sulla qualità non li vede nessuno e fanno la fame. Alla fine si è quasi costretti ad acquistare link. Insomma è una sorta di spirale negativa perversa che si autoalimenta.

    I risultati? Sono sotto gli occhi di tutti. La qualità delle serp peggiora di giorno in giorno. Google non è il motore di ricerca che era tanti anni fa. Tra un po’ sarà ancora peggio, fino a quando Google diventerà inutilizzabile perché fornirà solo – solo – spam tra i risultati di ricerca. Google lo sa benissimo e se ne cura poco, perché da questo gioco al massacro ne esce vincente con AdWords. Della serie: vuoi essere visibile? Paga. Quindi, link a pagamento o link sponsorizzati (AdWords), poco cambia. Google ha creato un mostro che alla lunga diventerà forse totalmente a pagamento.

    • Dici tre cose e fai tre errori, è mio dovere fartelo notare.

      1. Non esiste solo Google come sorgente di traffico: nel 2016 il potenziale accesso ad un sito non può che essere multi-canale e multi-dispositivo. Inoltre, gli stessi link acquisiti possono (anzi: devono) diventare delle valide sorgenti di traffico. Senza contare poi che se basi il tuo business solo sul traffico da Google, stai andando nella direzione sbagliata.

      2. Se la concorrenza si butta giù da un ponte, questo non vuol dire che debba farlo anche tu. O meglio: puoi farlo, ma poi non ti lamentare se ti spiaccichi, perché è stata una tua scelta (quanti SEO ho visto andare in crisi perché avevano spammato link e quando venivano bannati improvvisamente davano la colpa al Negative SEO…).
      Inoltre: ti sei mai domandato perché la concorrenza acquista link? E’ assai probabile che lo faccia sulla base del tuo stesso ragionamento: gli altri fanno i soldi, quindi devo acquistare link. Risultato: tutti spendono soldi per acquistare link, nessuno va da nessuna parte e tutti sono un po’ più poveri. A parte quelli che vendono link, naturalmente.

      3. La qualità dei risultati di ricerca è molto buona dal punto di vista degli utenti di Google. Non bisogna commettere l’errore di pensare che una SERP non sia buona solo perché non risponde alle nostre aspettative, inoltre finché un utente è su Google non è ancora un nostro utente. Ha un’intenzione di ricerca e sta facendo un’esperienza di ricerca, non è lì per trovare noi: è lì per trovare qualcosa che sta cercando, che possiamo essere noi come anche no. Infine, non possiamo sapere che cosa Google ha filtrato fuori da quella SERP (in realtà lo sappiamo: una quantità di spam abissale).

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